Ieri, domenica. Dormo fino a tardi, e mi sveglio senza sveglia. Un privilegio che amo da sempre considerare privilegio, quando accade. Quella lentezza che leggi sui libri, che ti consigliano i guru: ti alzi, caffè, doccia, vestiti comodi, scarpe comode. Qualche pensiero piacevole, qualcuno no. Quelli “no” li accantoni “non oggi, è domenica”. Come se il tempo aiutasse la risoluzioni delle cose, il tempo, che spesso è solo un alibi, un modo simpatico di rimandare. E rimandare ancora.
Prendo l’auto, faccio 15 minuti di strada e arrivo a Faenza, la Romagna collinare. C’è gente che cammina, una domenica vivace di inizio giugno: colori, bambini che giocano, biciclette veloci, in Romagna la bici è più di una passione. Parcheggio l’auto nel primo posto che vedo, non cercando quello appiccicato al centro, come faccio sempre. Ho voglia di camminare, e di far camminare i pensieri.
Entro nel mio posto preferito per la colazione. Un luogo che sta a metà tra il bar, la bottega, la rosticceria. Nell’ “ala bottega” ci sono prodotti di ogni tipo: marmellate, frutta e verdura fresca, pasta selezionata, tisane, sale (mi soffermo su quello di Cervia e penso al mare e al profumo di pineta), pepe, erbe… noto la cura con la quale sono stati scelti e posizionati per mostrarli a noi, che scegliamo questo locale. Mi rapisce un’etichetta di un vino Sangiovese e lo compro, domani compie gli anni un’amica che ama il bello e sono certa l’etichetta le piacerà. Mi stupisco del mio pensiero: son partita dall’etichetta e non dal vino. Mi avvicino all’ “oste” e chiedo che vino è, com’è: mi rassicura, ho fatto una buona scelta “un ottimo Sangiovese biologico”.

Mi guardo in giro, il locale è pieno di gente, festoso e piacevole. Un po’ romagnolo, un po’ francese. Musica di sottofondo, giornali da leggere, qualche libro.

Sul muro questa frase “Abbiamo selezionato il meglio per metterlo a disposizione del quotidiano. Uno chef e una brigata al servizio della gente”. Mi fermo, rileggo parola per parola più volte, sorrido e sono felice di farne parte: di quella “gente” che viene in questo locale. Qui non si scelgono prodotti qualunque, si sceglie la qualità. La ricerca del buono. Lo percepisco nell’aria, lo sento nel cuore. Mi sento a casa, protetta.
Faccio i complimenti per il caffè: “quale miscela ha scelto?” mi chiede il “padrone di casa”, rispondo che non ho scelto, mi sono fidata e la fiducia è stata ripagata. Lui sorride.
Riguardo quel muro, rileggo quelle parole “al servizio delle gente” e sorrido anche io. Penso al nostro Paese e vorrei tanto che la politica fosse così, una bella “brigata al servizio della gente”. E invece è una squadra di calcio, perennemente ai rigori.

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